Il tenente colonnello Alexander Vindman capì prestando servizio all'ambasciata Usa di Mosca tra il 2012 e il 2015 che lo scontro con Putin era solo questione di tempo perché il leader russo era incoraggiato dalla percezione di debolezza americana, già sotto Bush e Obama, ma enormemente con la presidenza di Trump. Infatti i preparativi per l'invasione dell'Ucraina, sottolinea, iniziarono pochi giorni dopo l'assalto al Congresso Usa del 6 gennaio 2021. Nato 46 anni fa in Ucraina, giunto in America come rifugiato a 4 (ricorda con affetto i mesi di passaggio da Roma), Vindman era il direttore degli Affari europei nel Consiglio per la sicurezza nazionale di Trump: assistette alla telefonata del 25 luglio 2019 in cui l'allora presidente Usa chiese a Zelensky di indagare su Joe Biden e suo figlio Hunter, e fu un testimone chiave nell'impeachment . Ora è tra gli esperti che chiedono a Biden di inviare a Kiev aiuti militari decisivi, inclusi quelli per controllare i cieli e colpire anche i magazzini di aerei e missili russi poco oltre confine.
«Putin va sconfitto in 4 settimane, o l’Occidente rischia di essere trascinato in guerra»
«Putin va sconfitto in 4 settimane, o l’Occidente rischia di essere trascinato in guerra»
Alexander Vindman, tenente colonnello ed ex consigliere di Trump: «Putin non si fermerà, all'Ucraina vanno inviate più armi. Si è mosso così pensando che l'America fosse debole»
Lei rivelò la telefonata Trump-Zelensky nella convinzione che quel tipo di corruzione avrebbe inficiato l'appoggio bipartisan per l'Ucraina?
«Denunciai quella telefonata perché temevo si stessero scatenando le condizioni per la guerra. Ci troviamo in questa guerra per via della corruzione che si svolse nell'estate del 2019 e durante il successivo impeachment e per tutto il resto del mandato di Trump, con i suoi elogi a Putin prima e dopo l'inizio del conflitto...».Perché durante l'impeachment?
Penso che ci sia un legame diretto tra l'impeachment e questa guerra: è stato un altro segnale a Putin che l'Ucraina non godeva di appoggio bipartisan e l'establishment repubblicano non l'avrebbe difesa. Mi sono chiesto: e se fossi stato zitto? Probabilmente Trump avrebbe ottenuto l'indagine su Biden, il quale avrebbe corso nelle elezioni con una “macchia” e forse Trump avrebbe vinto, sarebbe al secondo mandato, continuerebbe a minare la democrazia Usa, avrebbe probabilmente posto fine all'alleanza con la Nato e dato il benvenuto all'aggressione russa in Ucraina. Tutto sommato, penso che sarebbe peggio».
Lei propone un programma Lend-Lease (Affitto e prestito) come durante la Seconda guerra mondiale, per fornire subito a Kiev grandi quantità di aiuti bellici, inclusi aerei dai Paesi vicini. Ha trovato consensi?
«C'è un consenso crescente tra la popolazione che spinge il governo a fare di più. . Ho incontrato decine di deputati e senatori, la maggior parte del Congresso è favorevole, ma con l'avvicinarsi delle elezioni di midtem sono riluttanti a criticare l'Amministrazione. Da sostenitore di Biden io credo sia meglio criticare in modo costruttivo anche perché un fallimento avrebbe un impatto sulle elezioni. Stiamo andando nella direzione giusta, ma temo che avvenga troppo lentamente rispetto al campo di battaglia. Le prossime 4 settimane sono critiche. Se Putin si assicura l'Est e Mariupol, la guerra non finirà lì: continuerà a spingere verso Ovest. L'unico modo in cui può finire è se nelle prossime 4-5 settimane la Russia viene sconfitta sistematicamente, battaglia dopo battaglia, impedendo loro di continuare grosse operazioni di combattimento. A quel punto può diventare un conflitto congelato o più ridotto, anziché questa guerra ampia e catastrofica. Finora Stati Uniti e Nato sono stati ai margini, gli ucraini decisivi. Il problema è che anche gli ucraini hanno subito perdite».
Putin usa la minaccia nucleare per intimidire la Nato. Come valuta i rischi di escalation?
«I politici sulle due sponde dell'Atlantico credono che il rischio sia uno scontro diretto nel breve periodo con la Russia ma il vero rischio è quello di una lunga guerra, una catastrofe umana, con il possibile uso di armi chimiche, provocazioni nucleari... Nella storia del XX° secolo sono le lunghe guerre che alla fine coinvolgono l'America e ampie parti dell'Europa».
Quanto può durare?
«Potrebbe continuare per anni o finire in sei mesi. I russi hanno subito perdite enormi, non hanno mezzi immediati ma sono un paese di 140milioni di abitanti, con enormi quantità di equipaggiamenti militari, tenuti in magazzini su magazzini, che si estendono a perdita d'occhio. Ma io penso che attingerebbero ad essi in caso di successo, se invece continuano a subire perdite, non riesco a credere che la Russia possa sostenere per più di sei mesi questo livello di combattimenti».
Si arriverà a inviare a Kiev anche gli aerei che chiede?
«Gli aerei sono diventati una patata bollente, la questione è stata politicizzata. L'Amministrazione era così contraria che sembrerebbe una marcia indietro...».
Secondo lei i consiglieri di Biden hanno sbagliato?
«Esatto. Non è il presidente, sono i vertici del Consiglio di sicurezza nazionale, le persone che hanno gestito male l'Afghanistan adesso fanno lo stesso con l'Ucraina. Non si stanno rivelando all'altezza di evitare che la guerra fredda diventi guerra calda».
C'è chi crede che Kiev debba fare concessioni forti nei negoziati con Putin?
«Anche alla Casa Bianca ci sono persone che accetterebbero che la Russia si prenda zone più ampie dell'Ucraina meridionale e orientale e che indebolirebbero Kiev abbastanza da spingerla a negoziare. Pensano che dopo qualche successo Putin si fermerà, ma non è così: lo incoraggerà e non servirà ad altro che a protrarre la guerra».
La Casa Bianca ascolta anche opinioni diverse?
«Sì, certamente. C'è un gruppo di esperti consultati regolarmente che hanno detto queste cose... così anche io l'ho fatto e credo sia noto ormai perché abbiamo fallito nel convincere la Casa Bianca a porte chiuse. Ma anche nella Casa Bianca, nelle agenzie e nei dipartimenti il dibattito continua».
Prima ancora di parlare di genocidio, Biden aveva detto «Putin se ne deve andare ed è stato criticato per questo».
«Penso che francamente il presidente sia avanti rispetto al suo staff, riconosce che non si può più continuare come prima con Putin, non significa che ci sia una politica precisa per rovesciarlo. Penso che in quel caso sia stato un errore da parte del suo staff fare marcia indietro, come se avesse sbagliato. Il problema è che molte di queste persone sono con il presidente da tanto tempo, gli sono fedeli e il presidente lo è nei loro confronti, ma questa è la ricetta per un disastro se non sono pronti a consigliarlo in modo critico quando è necessario, anziché cercare di proteggerlo finendo con il danneggiarlo. Questo succede quando hai un seguito che si sente responsabile nei tuoi confronti anziché nei confronti del Paese».
Nel 2024 Trump può vincere di nuovo?
«Le elezioni in Serbia e in Ungheria hanno dimostrato che le condizioni sottostanti per il populismo e il nazionalismo etnocentrico che hanno consentito l'ascesa di leader autoritari ci sono ancora. La guerra in Europa non li cancella ma credo mostri con più chiarezza la differenza tra bene e male, giusto e sbagliato, democrazia e dittatura e che renderà più difficile vincere a Marine Le Pen. La forza di Trump si è esaurita, potrebbe essere il candidato repubblicano ma non vincerà. Mi preoccupa una sua versione più intelligente, come Ron DeSantis, Josh Hawley, Ted Cruz (meno probabile), Tom Cotton che sanno usare governo e istituzioni».
E anche loro lascerebbero la Nato?
«Penso che sarebbe diverso. Trump non capisce la Nato e la sua importanza, questi e altri politici sono più sofisticati ma sono anche populisti, quindi dipende da quel che promettono in campagna elettorale. Penso che sarà meno pericoloso per la Nato ma più pericoloso per la democrazia e le istituzioni democratiche americane».
In uniforme militare durante l'impeachment, lei rassicurò suo padre che, a differenza che in Urss dove dire la verità costa la vita, in America «sarebbe andato tutto bene». Però ha pagato un alto prezzo: è stato scortato fuori dalla Casa Bianca, il suo fratello gemello è stato anche lui cacciato dall'Amministrazione, ha lasciato l'esercito dopo la sua mancata promozione a colonnello, vista come una punizione per l'impeachment....
«Me la cavo. Sto facendo del mio meglio. Voglio ringraziare l'Italia, perché abbiamo trascorso tre-quattro mesi vicino Roma, sulla costa, quando fuggimmo dall'Unione sovietica, prima di arrivare in America. È un ricordo bellissimo».