La vittoria di Giorgia Meloni, FdI primo partito, Salvini crolla, Letta sotto il 20 per cento, Conte bene, Calenda e Renzi non sfondano
La vittoria di Giorgia Meloni, FdI primo partito, Salvini crolla, Letta sotto il 20 per cento, Conte bene, Calenda e Renzi non sfondano
Buongiorno.
Sono tre i dati più importanti di questa tornata elettorale.
1. Il centrodestra ha vinto le elezioni con — a scrutinio ormai molto avanzato — il 44 per cento circa dei voti (qui i risultati aggiornati in tempo reale).
2.Fratelli d'Italia è il primo partito in Italia, con oltre il 26% dei voti.
3. Giorgia Meloni sarà con ogni probabilità chiamata dal Quirinale, prima donna a Palazzo Chigi, a formare un governo con gli altri partiti del centrodestra.
Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte va meglio del previsto — attestandosi attorno al 15% , grazie a un pieno di voti al Sud — nonostante dimezzi i consensi rispetto al 2018, quando era leader Luigi Di Maio, che ora esce dal Parlamento con un risultato disastroso. Il Partito democratico di Enrico Letta delude, restando sotto il 20 per cento e la coalizione di centrosinistra si ferma al 26,5%, mentre Matteo Salvini precipita al 9 per cento circa, con percentuali simili a quelle di Forza Italia. (Qui le pagelle ai leader politici di Roberto Gressi).
Stando alle proiezioni Opinio/Rai, il centrodestra dovrebbe avere fra 111 e 133 seggi al Senato (maggioranza 101) e tra 232 e 252 seggi alla Camera (maggioranza 201).
Da segnalare il dato dell'astensione , il più basso di sempre: ha votato il 63,91 per cento degli aventi diritto, oltre nove punti in meno rispetto al 73,04 di cinque anni fa. La Regione che ha votato di meno è la Calabria, che crolla di 13 punti, dal 63,74 al 50,74%.
La prima reazione di Meloni
«Una notte di orgoglio, di riscatto, di lacrime, di abbracci». Giorgia Meloni viene accolta da grandi applausi e alle due e mezza di notte fa il suo primo discorso dopo la vittoria («discorso emozionale», lo chiama Enrico Mentana). Lamenta una «campagna elettorale violenta, che abbiamo subito», spiega che la situazione ora «richiede un rispetto reciproco». Si dice rammaricata per l'alta astensione. Meloni ringrazia gli alleati, i familiari e «gli italiani che non hanno creduto alle menzogne e alle mistificazioni. Ci hanno dato per spacciati da quando siamo nati, ma non abbiamo mollato». Cita San Francesco («abbiamo fatto l'impossibile») e manda un bacio ai sostenitori.
Ma vediamo i risultati, partito per partito
- La maggioranza. «L'Italia vira a destra in modo netto», come scrive Massimo Franco. «Un risultato epocale», conferma Francesco Verderami, che scrive: «Il voto di ieri segna il tramonto dell'era berlusconiana. La fine del progetto salviniano della Lega nazionale. E fa emergere la grave crisi d'identità del Pd, che non solo esce sconfitto dalla sfida con FdI per il primato, ma soprattutto viene ridimensionato nel tradizionale ruolo di punto di riferimento del fronte progressista». Lo scenario più probabile vede ora un incarico a Meloni per verificare la possibilità di un governo di destra-centro. Ma come scrive Paola Di Caro, ora servirà prudenza: «La prima cosa sarà imparare l'arte di vincere senza stravincere: “Noi — dice il suo fedelissimo Ignazio La Russa — abbiamo perso tante volte. Adesso dobbiamo gestire la vittoria. E Giorgia lo sa”. Il che significa non far pesare troppo agli alleati il ribaltamento di forze, non prendersi vendette. Non verbalmente, non nei gesti, non nelle pose. Essere inclusivi, generosi».
- L'opposizione. Inevitabili le polemiche. Sotto accusa la scelta di Letta di non allearsi con il Movimento 5 Stelle, dopo la mossa di Conte che ha avviato la fine prematura del governo Draghi. Alleanza con il Movimento che, secondo il verde Angelo Bonelli, «era necessaria». Per il 5 Stelle Riccardo Ricciardi, «il Pd ha sfasciato il campo progressista e Letta deve fare mea culpa». Qualcuno, nel Pd, sottolinea come il centrodestra non sia numericamente maggioranza nel Paese. Ma lo è, in base alla legge elettorale e alla scelta di presentarsi unito. Letta, scrive Maria Teresa Meli, parlando con i suoi non sembra abbattuto: «L'operazione distruzione del Pd non è riuscita. Conte e Calenda avevano lanciato un'Opa sul nostro partito ma hanno fallito». Ma c'è già chi vede al suo posto Stefano Bonaccini, Elly Schlein o Giuseppe Provenzano.
- FdI È un risultato che premia la leadership di Meloni. Numeri ancora più lusinghieri se si confrontano con il misero 4,35 per cento di cinque anni fa (nel 2013 era all'1,96%). Premiata probabilmente anche la coerenza di Fratelli d'Italia, unico partito che è restato all'opposizione, fuori dal governo di coalizione guidato da Mario Draghi. Con la sua posizione filo atlantica ha rassicurato le cancellerie, anche se il suo sovranismo, e la volontà di ridiscutere il Pnrr, la potrebbero porre in contrasto con l'Europa. Restano i timori all'estero, come dimostra il titolo della Cnn: «Italia verso la premier più a destra dai tempi di Mussolini».
- Forza Italia Non sembra arrestarsi il declino di Forza Italia, che nel 2018 era al 14 per cento, anche se il risultato — l'8% circa — sembra migliore dei sondaggi e soprattutto la pone quasi al livello della Lega. Silvio Berlusconi ha provato a posizionare il suo partito come garante dell'europeismo e del moderatismo, anche se le dichiarazioni su Putin non hanno confermato questa linea. Ora, però, può avvantaggiarsi della crisi della Lega e provare a giocare la carta dell'ago della bilancia al Senato.
- Lega Matteo Salvini è stato il primo a ringraziare via tweet gli elettori, ma il suo risultato del 9% è decisamente al di sotto delle aspettative. Leggermente al di sopra del 2018, quando prese il 7 per cento, ma lontanissimo dal 34 ottenuto alle Europee del 2019. La Lega nazionale ha perso terreno al Nord, a vantaggio di Fdi (cosa che potrebbe rimettere in discussione la ricandidatura di Attilio Fontana in Regione Lombardia), e ha subito in modo molto pesante la concorrenza degli altri partiti al Sud. A questo punto la leadership di Salvini potrebbe essere messa seriamente in discussione. Anche se, scrive Marco Cremonesi, il leader leghista potrebbe giocare d'anticipo, convocando i congressi per farsi confermare.
- Pd Un risultato deludente, considerando che nel 2018, con la leadership di Matteo Renzi, il Pd ebbe il risultato peggiore della sua storia, restando sotto il 19 per cento. A queste elezioni il Pd si è presentato senza Renzi e Calenda, ma con la sinistra di Fratoianni e Bonelli e con +Europa. Tutta da decidere la sorte della leadership «gentile» di Enrico Letta. Non hanno evidentemente funzionato la polarizzazione e l'allarme democratico contro le destre.
- M5S. È il vero terzo polo. Giuseppe Conte è entusiasta: «È un nuovo inizio». È vero che nel 2018 il Movimento guidato da Di Maio raggiunse il 32 per cento ma poi era precipitato nei sondaggi. La recente svolta laburista di Conte e il suo approccio fortemente populista, con l'accento sul reddito di cittadinanza, lo hanno evidentemente premiato. Chiave di volta: il Sud.
- Noi Moderati. La formazione di Maurizio Lupi, Giovanni Toti e Luigi Brugnaro porta a casa un risultato scarso, probabilmente sotto l'un per cento.
- Verdi+Sinistra. Si attesta al di sopra della soglia di sopravvivenza in Parlamento, poco sopra il 3,5%, anche se non sfonda e certo non può festeggiare. Ma ottiene un seggio all'uninominale, con la vittoria di Ilaria Cucchi.
- Terzo Polo (Azione e Italia Viva). Carlo Calenda aveva spiegato che un risultato non a doppia cifra sarebbe stato un insuccesso. Matteo Renzi, più abituato alle dinamiche elettorali, si faceva bastare anche una cifra inferiore. Così è stato, con un 7,9 per cento circa che consente un'agibilità politica e manovre parlamentari. Voti probabilmente sottratti più al Pd che a Forza Italia.
- +Europa In bilico, a cavallo del 3 per cento, soglia minima necessaria per entrare in Parlamento (al momento della chiusura di questa newsletter, era leggermente sotto).
- Impegno civico. Un disastro. L'aeroplanino di Luigi Di Maio, fatto volare dai pizzaioli napoletani in un video spettacolare, si è schiantato sui numeri: addirittura sotto lo 0,6% per cento. Non soltanto non entrerà in Parlamento, ma i suoi voti andranno persi.
- Italexit Non entrerà in Parlamento la formazione che ammicca a no vax e no greenpass di Gianluigi Paragone, che comunque supera la soglia dell'1 per cento e si avvicina al 2.
Le sfide dell'uninominale
Emma Bonino ha nettamente vinto il «derby» contro Carlo Calenda nel collegio uninominale Lazio 2, ma entrambi sono stati superati da Lavinia Mennuni di FdI (36,4%). A Firenze passa Ilaria Cucchi. A Bologna Pier Ferdinando Casini ha battuto Vittorio Sgarbi. In Lombardia, Isabella Rauti ha battuto nettamente Emanuele Fiano e ancor più nettamente Daniela Santanché ha sconfitto Carlo Cottarelli.
Le reazioni all'estero
Esultano i sovranisti. Tra i primi a congratularsi per la vittoria di Fratelli d'Italia ci sono il premier polacco Mateusz Morawiecki e Balazs Orban, direttore politico del premier ungherese Viktor Orbán. - Regionali in Sicilia, Schifani in vantaggio
Comincerà oggi alle 14 lo spoglio per le elezioni regionali in Sicilia. Ci sono mille candidati in corsa per i 70 seggi dell'Assemblea siciliana. Per la presidenza, si sfidano il centrodestra con l'ex presidente del Senato Renato Schifani, Caterina Chinnici per il partito democratico o Nuccio Di Paola, candidato dell'ultima ora dei 5 Stelle, che si sono smarcati dai dem. Per gli exit poll del Consorzio Opinio-Rai, Schifanisi appresterebbe a vincere le elezioni in Sicilia. L'ex presidente del Senato, sostenuto dall'intero centrodestra, avrebbe una percentuale tra il 37 e il 41 per cento, in vantaggio di 13 punti sul secondo, Cateno De Luca, sostenuto dal suo movimento Sicilia Vera.