I disastri e la vittima per il maltempo, Macron apre a Meloni

I disastri e la vittima per il maltempo, Macron apre a Meloni

17/05/2023

Buongiorno.
«Una catastrofe» dice il sindaco di Cesena. L'ennesima. Il maltempo — fino a 70 millimetri di pioggia in sole 18 ore — ha causato, di nuovo, disastri in Emilia-Romagna e nelle Marche. Una vittima a Forlì (un anziano annegato in una casa in aperta campagna, vicino all'argine del fiume Montone, straripato). Frane sull'Appennino, Riviera romagnola sott'acqua, migliaia di evacuati, abitanti costretti a salire sui tetti e soccorsi anche in elicottero a Cesena, dove è esondato il fiume Savio (un bimbo di tre anni è stato portato in salvo a nuoto), a Faenza — dove anche il Palazzo del Podestà è stato messo a disposizione come rifugio per gli sfollati — e a Senigallia, per la piena del Misa. «Lasciate le case e mettetevi in salvo» l'appello del sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, agli abitanti dei quartieri cittadini invasi dall'acqua del Montone. La vittima dell'alluvione è l'anziano marito di una donna tratta in salvo in un'abitazione di via Firenze. Lei è riuscita a trovare riparo al piano superiore, lui non ha fatto in tempo. Il suo corpo l'hanno trovato in una stanza sommersa al pianterreno.

Allagamenti anche a Pesaro e in molte località del Bolognese. Straripato anche il Santerno, nel comune di Lugo (Ravenna). Le strade chiuse non si contano, interrotta anche la circolazione dei treni. Incalcolabili i danni alle colture, centinaia le auto sommerse dall'acqua e dal fango. Al circuito di Imola si sono allagati i box, anche se il Gran premio di Formula 1 del prossimo fine settimana non sembra, per ora, a rischio. Enorme lo sforzo di vigili del fuoco, protezione civile e forze dell'ordine. Almeno 600 gli interventi di soccorso, ieri, tra Emilia-Romagna e Marche.

Non ci sarà nemmeno il tempo per iniziare la conta dei danni: oggi nuova allerta rossa , con molte scuole chiuse, per nuove precipitazioni nelle zone già colpite. Nelle aree abitate vicino ai fiumi in Emilia-Romagna e Marche «bisogna procedere con evacuazioni preventive liberando tutti gli edifici nei piani bassi», ha detto il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. Il prefetto di Ravenna, Castrese De Rosa, ha predisposto un piano di evacuazione per 6 mila persone.

«Siamo davanti a un evento fotocopia di quello che ha già martoriato queste province un paio di settimane fa, tra l'1 e il 4 maggio — dice al Corriere Massimiliano Pasqui, climatologo e ricercatore del Cnr, che sta seguendo da vicino la situazione —. Stesse condizioni meteo, con una circolazione ciclonica molto stazionaria, che si muove con lentezza. E che soprattutto è sopraggiunta ribaltando lo scenario di siccità che sull'intero Mediterraneo, al riparo dell'anticiclone delle Azzorre che ha ceduto repentinamente, andava avanti da mesi». Ravenna, Bologna, il Forlivese e le città nel Nord delle Marche le zone più colpite: «Per dare un'idea: negli ultimi due mesi da queste parti è caduta il doppio della pioggia che scende normalmente. Ma il punto grave è che le precipitazioni si sono concentrate in pochi giorni, appunto tra il 1 e il 4 maggio e dalla mezzanotte del 15». E se già le piogge torrenziali di inizio mese erano state un episodio eccezionale, la loro replica, nelle stesse zone, a sole due settimane di distanza, «è ancora più raro: vedremo come poterlo classificare. Ma è indubbio che rimarrà negli annali ciò che sta accadendo in questo maggio».

Sul Corriere di oggi e su Corriere.it le immagini, i video e i reportage dalle zone del disastro. Tutti gli aggiornamenti, anche su quanto accaduto nella notte, li trovate in tempo reale sul sito.

I partiti e il post voto

Il giorno dopo lo scrutinio nei 595 Comuni chiamati al voto, e in attesa del «secondo tempo» dei ballottaggi in alcuni capoluoghi (a Ancona, Terni, Vicenza, Massa, Brindisi, Siena e Pisa, dove, però, il sindaco uscente leghista Michele Conti, che ha mancato per soli 15 voti la vittoria al primo turno, ha chiesto un riconteggio delle schede), tutti i partiti valutano i segnali arrivati dalle urne. E più o meno tutti insistono più sulle luci che sulle ombre.

Secondo la premier Giorgia Meloni, dal voto arriva «un'ulteriore spinta all'azione del governo, il consenso degli elettori ci sprona ad accelerare sulla realizzazione del programma di riforme economiche, sociali e istituzionali».

«In molte realtà c'è stato un riequilibrio con Fratelli d'Italia. Si è ridotto il divario», dice a Cesare Zapperi il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Il quale deve però incassare la sconfitta di Brescia, dove la Lega schierava Fabio Rolfi, che ha perso al primo turno contro Laura Castelletti: «Sapevamo che era una roccaforte storica della Dc di sinistra e dei suoi eredi». Per il resto, aggiunge, «non mi pare di aver intravisto alcun effetto Schlein...».

La diretta interessata non sembra d'accordo: «Noi avanziamo, il partito è in ottima salute, mentre la destra frena ed è in difficoltà», ha detto la segretaria del Pd. E il responsabile dem per gli enti locali Davide Baruffi aggiunge: «Non so se ci sia stato l'effetto Schlein su questo voto, ma scuramente non c'è stato l'effetto Meloni».

Peggio di tutti ha fatto il Movimento 5 Stelle, nel quale, pur a mezza bocca, c'è chi ammette che il risultato è stato «allarmante», anzi «sconfortante».

Quanto all'ennesima puntata della «telenovela politica» fra Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi (una deputata e una segretaria regionale di Azione sono passate a Iv), vi rimandiamo al Caffè di Massimo Gramellini in coda a questa newsletter.

Massimo Franco, nella sua Nota, osserva:

Sta diventando sempre più chiaro che un «campo largo» delle opposizioni non esiste. E, quando per caso si materializza, non moltiplica i voti. Per quanto limitato, il test di domenica nei Comuni ha fotografato una situazione di stallo nelle alleanze antigovernative; con fattori locali che hanno influito sui primi risultati quanto e forse più di quelli nazionali. Ma ha restituito anche le contraddizioni delle opposizioni, imprigionate in logiche che non offrono soluzioni ma ripropongono i problemi di sempre. Quando la segretaria del Pd glissa sulla preferenza tra l'alleanza col Terzo Polo spaccato in due e quella con il M5S, irrilevante alle Amministrative, conferma l'assenza di un nuovo schema. «Non siamo in uno scenario in cui sta a noi esprimere delle preferenze», ha dichiarato Elly Schlein. «La mia preferenza è quella di costruire un'alternativa solida alle destre». È il lessico usato negli ultimi anni da tutti i leader del Pd. E non ha portato troppa fortuna, fotografando l'incapacità di scegliere tra un'opzione moderata e una radicale.

Anche la maggioranza di governo, ieri, è però incappata in un «incidente». Qualcuno ha postato su Linkedin, facendo scoppiare un giallo, uno studio sul disegno di legge sull'Autonomia regionale differenziata elaborato dal Servizio bilancio del Senato contenente diversi rilievi critici (in verità era pubblicato anche sul sito di Palazzo Madama, è stato in un primo tempo ritirato ma poi è tornato leggibile). Sibillina la spiegazione da parte dell'ufficio stampa del Senato: «Una bozza provvisoria, non ancora verificata, sul disegno di legge sull'Autonomia è stata erroneamente pubblicata online. Il Servizio del bilancio si scusa con la stampa e con gli utenti per il disservizio arrecato». «Per quanto “provvisoria” e “non verificata” la bozza — spiega Cesare Zapperi — contiene critiche in qualche caso severe al testo presentato dal ministro Roberto Calderoli (che non commenta l'incidente), subito raccolte dalle forze di opposizione da sempre contrarie all'Autonomia. I tecnici del Senato, in sintesi, temono un aumento degli oneri “a carico della finanza pubblica” e di conseguenza delle difficoltà per le Regioni più povere».

L'apertura di Macron sui migranti

Sui migranti «non si può lasciare sola l'Italia». Parola di Emmanuel Macron, da Reykjavik, in Islanda, a margine del summit del Consiglio d'Europa. Il presidente francese — che già oggi dovrebbe vedere Giorgia Meloni e potrebbe poi avere un bilaterale con la premier italiana all'imminente vertice del G7 a Hiroshima — sembra voler mandare in archivio le polemiche accese nelle scorse settimane dagli attacchi all'Italia fatti da esponenti del suo governo e del suo partito: «C'è necessità di cooperare per proteggere le nostre frontiere comuni. Spero di poter cooperare con il governo italiano perché non sottostimo che l'Italia, come Paese di primo arrivo, subisce una fortissima pressione e non può essere lasciata sola».

«Lo staff di Palazzo Chigi — scrive Monica Guerzoni da Reykjavik — smentisce che la premier abbia “mai litigato” con Macron, eppure Meloni considera la chiusura dello scontro sui migranti un successo, che aggiunge senso alla sosta di poche ore in Islanda: “Sono molto soddisfatta”».

La guerra in Ucraina

Al termine del suo tour nelle capitali europee, Volodymyr Zelensky ieri è rientrato a Kiev con la promessa di nuovi aiuti militari e con una lista di possibili partecipanti alla «coalizione dei jet». L'iniziativa è stata lanciata ufficialmente ieri sera, a Londra, dal premier britannico Rishi Sunak e da quello olandese Mark Rutte: «Vogliamo costituire un blocco disposto a consegnare gli F-16 all'Ucraina». Potrebbero aderire, stando alle indiscrezioni, Danimarca, Belgio, Norvegia, Polonia, Romania e, forse, Grecia. Tutti questi Paesi hanno in dotazione gli aerei da combattimento F-16, considerati dai generali ucraini, e non solo da loro, i più adatti allo scenario di guerra.

Intervistata da Andrea Marinelli, la presidente del Parlamento lituano, Viktorija Cmilyte-Nielsen, in questi giorni in Italia per incontri istituzionali, dice che l'invasione russa dell'Ucraina «ci ha in qualche modo risvegliati da un sonno geopolitico in cui vedevamo il mondo come avremmo voluto che fosse e non come è davvero. Le ambizioni imperiali della Russia c'erano da tempo, ma era più semplice far finta di niente. C'erano già stati la Georgia nel 2008, la Crimea nel 2014, ma la reazione occidentale non era stata abbastanza unità, forte, seria. Sicuramente avremmo potuto evitare quello che è successo all'Ucraina. (...) Pensiamo che sia arrivato il momento che le democrazie del mondo si sostengano e cooperino a ogni livello, da quello economico a quello culturale». Ma aggiunge anche, a proposito delle spese dei Paesi Nato per la Difesa, «speriamo che l'Italia sarà più interessata ai problemi dei Paesi dell'area orientale. La situazione è diversa per ogni Paese. In Lituania dopo l'invasione dell'Ucraina abbiamo deciso di allocare il 2,52%. Ritengo che il 2% sia la base minima da cui partire, e che i Paesi che non l'hanno raggiunta (l'Italia è all'1,5%, ndr) dovrebbero impegnarsi a farlo».